Mario Tozzi 1979-2019
1979-2019Palazzo Viani Dugnani
Via Ruga 44 - Verbania
0323557116
segreteria@museodelpaesaggio.it
Il Museo del Paesaggio dedica una nuova sezione degli spazi di Palazzo Viani Dugnani, nel quarantesimo anniversario della scomparsa (1979-2019) al pittore marchigiano (Fossombrone, 1895-Saint-Jean-Du-Gard, 1979) che a Suna, sul Lago Maggiore ha trascorso gran parte della sua vita, fondatore degli Italiens de Paris insieme a Massimo Campigli, Giorgio De Chirico, Filippo De Pisis, René Paresce, Alberto Savinio e Gino Severin,.
Oltre trenta le opere esposte, anche di grande formato, che raccontano l’evoluzione dello stile dell’artista, a partire dagli anni Dieci del Novecento, fino alle ultime tele geometriche e stilizzate degli anni ’60 e ’70.
L’esposizione, in collaborazione con l’Archivio Mario Tozzi di Foiano della Chiana (Arezzo) e lo Studio d’Arte Lanza di Verbania, presenta l’intera collezione delle opere dell’artista – di proprietà del Museo del Paesaggio – accanto a due recenti depositi ricevuti dal museo (La preghiera e Compianto) e una serie di schizzi e disegni, alcuni inediti, così come la piccola e rara porzione di affresco che raffigura la testa di una Madonna in prestito dalla Galleria Lanza di Verbania. Oltre trenta le opere esposte, che raccontano l’evoluzione dello stile dell’artista, a partire dagli anni Dieci del Novecento, fino alle ultime tele geometriche e stilizzate degli anni ’60 e ’70.
L’esordio artistico di Tozzi appare segnato dal rapporto con la pittura del secondo Ottocento, in particolare con la tradizione del Naturalismo lombardo: le opere degli anni Dieci infatti, legate perlopiù al contesto famigliare (Ritratto della madre) e alla descrizione di scorci del territorio del Verbano (Notturno), rivelano quella grande attenzione al dato naturale, resa con una pittura quasi “a macchia”. Nei primi anni Venti, a Parigi, Tozzi ha modo di conoscere la pittura di Cézanne e dei Fauves, ma soprattutto entra in contatto con gli artisti italiani lì residenti, tra i quali Giorgio De Chirico e Alberto Savinio, che lo introducono al movimento di Valori plastici e alla pittura metafisica: le figure assumono grande “plasticità” in un rapporto tridimensionale con lo spazio che le circonda (Serenità, Donna seduta di schiena, La toeletta del mattino – tra le più note). Il suo linguaggio muta decisamente a partire dalla fine degli anni Cinquanta: la pittura si fa via via più geometrica, con figure sempre più bidimensionali e un ricorso maggiore a elementi astratti (La grande Piazza 1962, Testina 1970, solo per citarne alcune).